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Le piaceva, sì: era intelligente, aveva oltre alla rassomiglianza fisica, qualche vago punto di rispondenza, col morto: ma anche questa impressione le parve cattiva, quasi velenosa, e cercò di riscuotersi.

Ebbe voglia di dire, per reazione:

— Ma questa non è una tesi adatta per uno che vuol andare a far scuola ai selvaggi; — e godersi la sorpresa e lo sdegno di Antioco e dello stesso gobbo: era troppo educata e timida per farlo; però domandò, fingendo una curiosità piena d’interesse:

— E che farà, dopo la laurea?

— Che vuole che faccia? Probabilmente un concorso: avrò una supplenza, andrò ad insegnare in un ginnasio inferiore, in una cittadina sperduta fra i monti o in un’isola, dove, per confortarmi, ci sarà almeno del buon vino.

— E belle donne, — sbofonchia il gobbo, fregandosi le mani, tutto lieto che Antioco non accenni a quei melanconici progetti di apostolo.

— Può anche darsi.

— E ne troverà una, ricca e ben nata, che farà per il caso suo.

— E può anche darsi.

— Nelle vacanze verranno a Roma, o andranno al suo paese?