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Quando ebbe quindi finito d’infilarsi il guanto, prese fra le palme il bel libretto da messa, e rese meno generico e più umano il suo sorriso: tanto che l’uomo pensò essere la piccola signora Noemi ancora una piacevole donnina, non molto più alta di lui, e un certo calore di bramosia gli balenò nella schiena.

— Va a messa, donna Noemi? Peccato che io non possa accompagnarla, lei permettendolo.

— Ma perché, cavaliere? Può accompagnarmi benissimo. Andiamo.

Accennò con la testa di seguirla, di andare avanti: ma pensava anche lei che tutti si sarebbero voltati a guardarli, come già li guardava dalla sua gabbia di vetro il sor Francesco, il portiere.

— Io la ringrazio infinitamente, — disse il gobbo, stringendosi al petto il giornale e la bombetta; — io andrò più tardi, alla messa delle undici e mezza. Così vuole la mia sposa, con la quale mi accompagnerò. Scusi anzi, donna Noemi, se le faccio perdere il tempo.

— Oh, no. Come sta la signora Giulia? È un pezzo che non la vedo.

— Sta benissimo: ma si dà sempre troppo da fare. Adesso poi, con questa benedetta faccenda dell’anno santo, abbiamo sempre ospiti: (la signora tese le orecchie, e il suo sorriso tornò a sbiadirsi). Adesso è la volta di un nipote,