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lemura e con esse tutto un passato grandioso.

La leggenda diceva che la città di Oppia, già grande sotto i Romani, era poi stata sede di vescovi cristiani, ricca di basiliche, di palazzi abitati da baroni e da gente nobile e fastosa: ed ecco ancora una volta egli calpestava l’erba del luogo ove tanta potenza e tante passioni erano sepolte; ma le sue fantasie e le sue considerazioni filosofiche mai lo avevano turbato come la scoperta che, gira e rigira, fece finalmente in un angolo fra gli avanzi di due muri: un po’ di cenere ed alcuni tizzi spenti, ancora umidi della pioggia della notte, nereggiavano in un breve spazio battuto ad uso di focolare, e parevano anch’essi residui di una vita antica come le rovine.

Per quanto si chinasse a frugare e cercare intorno, null’altro rinvenne; solo, nell’andarsene, fra pietre e frammenti di mattoni, vide un anello di ferro infisso in una lastra di granito. Allora ricordò anche la leggenda dell’orco: l’orco sta nella sua casa sotterranea, lasciando emergere a fior di terra l’anello d’oro attaccato al suo orecchio: