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in una via di perdizione verso la quale egli aveva contribuito a spingerlo.

«Pazienza e prudenza, Ulpiano Melis, pazienza», ripeteva a sé stesso.

Ad ogni buon fine andò di nuovo in esplorazione, questa volta con migliore risultato; sul terreno ancora molle di pioggia si vedeva l’impronta di un piede grande, calzato con scarpe inchiodate: l’orma di Luca.

Il vecchio si chinava a guardare quel segno, e provava un sentimento strano, d’inquietudine più che di sdegno; poiché aveva l’impressione che l’orma fosse ancora quella di uno degli antichi abitanti di Oppia, dediti al culto del male: e tutto intorno quelle pietre corrose circondate di cespugli e di erba autunnale gli sembravano gli avanzi di un cimitero ov’egli si aggirava in cerca di una tomba.

Alcuni scalini ancora ben conservati conducevano all’interno di un recinto che doveva essere stato un tempio: egli conosceva bene il luogo e tante volte, nei tramonti lunghi di primavera, mentre il gregge brucava il fieno roseo e il trifoglio selvatico che fiorivano intorno, egli aveva fantasticato ricostruendo quel-