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Francesca: e d’un tratto ebbe un’idea avvampante. — Sentite, ci vado io. Sì, sì, — gridò minacciosa: — è inutile che mi guardiate così, con gli occhi di gatto selvatico. Vado e vengo in un lampo. Lascio giù la bisaccia senza neppure scendere di cavallo. Non vado a fare il fatto mio?

Intanto faceva accostare il cavallo al pozzo, sul cui parapetto si arrampicò agilmente: di lì saltò d’un balzo seduta in sella: prese la briglia, si aggiustò ben strette le sottane intorno alle gambe, si annodò sotto il mento il fazzoletto.

— Apritemi il portone, — disse alla madre; e come suggestionata, e in fondo orgogliosa e commossa per la forza e la volontà virili che la figlia dimostrava, la donna spalancò il portone.

I ragazzi della strada, e qualche vicina di casa affacciatasi alla sua porta, salutarono con un po’ d’irrisione.

— Alla festa vai, Francesca?

— Vado a fare il fatto mio.

— Babbo è malato, e nell’ovile il servo è rimasto senza pane, — disse la madre dal portone, per scusare l’insolito viaggio della figlia.

La figlia, intanto, non si curava che