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mentre le altre volte si aggirava curioso per la casa, fingendo adesso di essere stanco e di dormire per farsi dimenticare.

Ed egli non lo disturbò; un fondo di amarezza gli disgustava il cuore: e l’andare che fece subito dopo a salutare il marito della nipote Gonaria non giovò certo a consolarlo.

L’uomo giaceva paralitico da due anni, si diceva per eccesso di piaceri. Lo avevano messo in una camera attigua alla cucina perché non restasse mai isolato e le donne potessero assisterlo meglio; ma pareva ch’egli non prendesse più parte alla vita comune, sempre semisdraiato sul letto grande, dove alla notte dormiva anche la moglie, col petto incavato, le mani scarne e stanche, e nel viso giallo, fra il nero della barba e dei capelli folti, gli occhi verdastri che guardavano da una lontana profondità liquida, come quelli di uno che annega e non spera più di essere salvato.

Il vecchio gli posò sulla mano inerte la sua ancora calda della briglia del cavallo, e domandò con voce viva e forte:

— Come andiamo, dunque?