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daini della foresta, gli agnellini del prato, e gli uccelli del cielo a far festa con lui.

Nella capanna c’erano altre tazze di corno più piccole, tutte col fondo di sughero; fra le altre una piccolissima, che non serviva a nulla. Luca la cercò, la portò via con sé; con sé prese il quadratino del sughero, divenuto giallo, morbido come di gomma; e quando fu solo, col gregge che succhiava il seno del fiume, mise la tazzina sulla palma della mano e la guardò attraverso la luce come fosse di cristallo. Di cristallo non era; ma così lavorata e levigata dal tempo che pareva d’avorio grigio, con ombre d’argento; tratta forse dal corno di un vecchio ariete che per tutta la sua vita non aveva fatto altro che godersi la natura e l’amore.

«E tu andrai nella tasca o nel seno di Francesca; e da giovine ella ti conserverà come ricordo d’amore, e da vecchia trarrà ancora da te momenti di piacere; e vorrà che tu sii sepolta con lei, nella sua tasca, o nel suo seno, dove io ti ritroverò quando, dopo morti, io e lei ci incontreremo per non lasciarci più. Amen.»