Pagina:Deledda - Il vecchio e i fanciulli, Milano, Treves, 1929.djvu/180


— 166 —


Era una notte di luna, tiepida, luminosa. Le pecore tentavano di sbandarsi, di andare al pascolo come nelle notti di estate; Luca le respingeva col vincastro, le costringeva ad entrare nella mandria separata da quella delle bestie malate; e gli pareva, in mezzo al loro gruppo agitato, fra le ombre azzurre che si movevano sullo spiazzo chiaro di luna, di combattere con le nuvole.

Così aveva sognato nel delirio del suo male; e il suo cuore singultava di uno strano grido simile a quello del cuculo fra le rovine, che piangeva e nello stesso tempo si beffava del suo pianto.

Tutta la notte fu una confusione, un turbamento d’incubo; il vecchio sembrava calmo; però non stava fermo un momento; usciva, rientrava, pareva provasse un gusto malvagio ad annunziare a Luca che altre bestie si erano ammalate; e il giovine pensava:

«Io devo andarmene; andarmene lontano, nel più profondo dell’inferno come quei giovinastri di Oppia. È la mia presenza che spande qui la peste».

Verso l’alba il vecchio si assopì: nel