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sue imprecazioni. Zio Ulpiano soffriva per il dispiacere delle cose accadute: era un vecchio superbo, che ci teneva, all’onore suo e della famiglia, e le tristi cose accadute gli avvelenavano l’anima e il corpo.

— Anche per lui è meglio che me ne vada presto; quando non mi vedrà più non ci penserà più. Dopo tutto è vecchio e mi ha fatto del bene.

Così pensava Luca, ed era soddisfatto dei suoi buoni sentimenti; ma ecco una sera, proprio di nuovo alla vigilia del giorno stabilito per la sua partenza, una cosa strana accadde d’improvviso nell’ovile. Dapprima una, poi tre, poi venti pecore si ammalarono, di un male sconosciuto: si gonfiavano, e pareva lo facessero apposta, poi cadevano in un sopore che resisteva ad ogni scossa.

— Che abbiano mangiato qualche erba velenosa? — diceva Luca, che, già completamente guarito, aiutava il vecchio a raccogliere il gregge nelle mandrie.

— Mah!

— Io non ho mai veduto un male simile. E guardate come hanno la bocca, dentro, tutta gonfia e livida. Che l’acqua del fiume sia infetta? Quei furfanti