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brava un signore, adesso, coi capelli ravviati e le scarpe nuove. Le donne gli sorrisero con affetto, mentre Francesca, esasperata, correva di nuovo nelle camere di sopra. Andò anzitutto a verificare se l’uscio di comunicazione fra la stanza dove Luca si era indugiato e le camere attigue fosse aperto: era aperto, sì, come tutti gli altri usci interni, ed ella stette un momento appoggiata allo stipite, pensierosa, col capo chino come a guardare fisso qualche cosa ai suoi piedi: non vedeva nulla, però, tranne un suo cupo pensiero; e sentiva dentro un gorgoglìo sinistro, come di un’acqua minacciosa che sale, sale, inesorabile.

In punta di piedi, quasi per non farsi sentire neppure da lei stessa, fece il giro delle camere: l’una comunicava con l’altra, e tutte davano sulla veranda: quella del nonno, imbevuta del suo odore di selvatico, era ancora come quando viveva la nonna, col suo specchietto dalla cornice d’argento, il rosario di madreperla, il cero, l’ulivo e il crocefisso appesi accanto al letto; con le vesti di lei ripiegate entro la cassa che pareva un sarcofago istoriato; e il cassettone pieno di biancheria, di ceri, di reliquie.