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una palla ti trapassi la cuffia, Daniela Aras, anche in quel momento sei stata furba: non hai promesso tanta cera quanto pesavi tu.

Zia Daniela. Pensavo alle mie bambine, povere orfane, e non a me. Appena pronunziato il voto, distinguo un uomo vicino al grande albero in fondo alla strada. Mi avvicino e fermo il cavallo. «Ave Maria, — dice l’uomo,— dove vai così di corsa, passeggiero, con questo cavallo zoppicante?» «Se sei cristiano — gli dico io — salvami se puoi; sono inseguito dai soldati». «Chi sei?». — domanda l’uomo. «Sono un parente di Mauru Aras». «Senti, — dice l’altro — il tronco di quest’albero ha un cavo così grande che ci sta dentro un cristiano battezzato; mettiti dentro; io monterò il tuo cavallo e svierò le tue tracce». Detto fatto; io mi caccio dentro il cavo, sulla cui apertura l’uomo rimette un mucchio di felci che la nascondono: poi sento partire lo sconosciuto, e poco dopo sento passare i soldati. Rimasi nel cavo tutta la notte; speravo che l’uomo tornasse, ma egli non ritornò. Seppi poi che i soldati l’avevano raggiunto e oltrepassato, e che