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Le mie disgrazie cominciarono presto; quando per gli altri la vita è come il crepuscolo di una bella giornata; quando anche il pianto non è che un segno di gioia.
Avevo appena un anno quando caddi di braccio ad una servetta sventata: ferito gravemente alla testa, dopo una lunga infermità rimasi sordo e muto.
La mia mamma morì dal dolore: così almeno mi raccontava una sua sorella che mi prese con sé e mi allevò.
Più tardi entrai in un Istituto di Sordomuti, dove, essendo nel frattempo morto anche mio padre, in vista dell’eredità ch’egli mi lasciò — un terreno incolto — m’insegnarono un po’ di agronomia.
Ma quando uscii dall’Istituto poca voglia avevo di fare l’agricoltore: mi piaceva piuttosto di leggere,