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e in mezzo ad un’altra, a metà della gamba destra, una ferita dava sangue.

Davide però s’avvide subito che questa ferita non era grave né prodotta da arma: gli parve piuttosto che il bambino fosse caduto dall’alto, da un cavallo o da un carretto, o vi fosse stato buttato giù. Gli fasciò alla meglio la gamba col fazzoletto pulito che teneva sempre di riserva in saccoccia: poi lo riavvolse nella sciarpa, e lo prese in braccio tentando ancora d’interrogarlo.

E gl’indicava i punti estremi della strada chiedendogli dond’era venuto: di su o di giù? Il bambino, che non s’era lamentato neppure nel sentirsi toccare la ferita, seguiva con gli occhi il movimento del dito del suo salvatore, ma non apriva la bocca pallida.

Veniva voglia di batterlo, di rimetterlo per terra e abbandonarlo al suo destino: e per qualche momento Davide non ebbe altra idea.

Ma non si decideva, ostinandosi a guardare su e giù per la strada in attesa che qualcuno apparisse. Nessuno appariva. La strada saliva dolcemente tra due bordi di rovi e di ginestre fiorite, di là dei quali, in quel punto, neanche a farlo apposta, mentre il resto del versante era coltivato a grano e ad oliveti, si stendeva una zona pietrosa, nuda, deserta.