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per dissodare la terra, e piante e sementi. L’acqua c’era: bastava incanalarla.

Tobia leggeva i miei foglietti e mano mano me li restituiva, pensieroso. Pareva studiasse sul serio il modo di aiutarmi, senza però farsene merito: infine, siccome qualcuno entrava nella drogheria, mi accennò di andarmene. Quando mi ritrovai nel sole della strada, lo splendore del mare mi parve dentro l’anima mia. La vita si spalancava davanti a me luminosa.

L’istinto non m’ingannava, circa Tobia: sentivo ch’egli mi dava i denari a usura, con la sicurezza di riaverli, ma più sicuro ero io, di restituirglieli.

Ed egli mi diede i denari e io firmai la cambiale.

Questa, sì, egli la mise ben dentro il suo portafoglio, come il contadino aveva messo il mio biglietto disperato a Fiora.

Solo che invece di duemila lire, togliendone gl’interessi anticipati e le spese per l’inscrizione ipotecaria, mi diede millesettecento lire: e la cambiale era a sei mesi di scadenza.