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VI.


Mariana entrò, avanzandosi a passetti saltellanti. Era vestita di bianco, con un gran cappello nero una cui falda le calava fino all’omero e l’altra lasciava scorgere i suoi capelli lucidi e la rosa di nastro sull’orecchio. Il suo ombrello era alto quasi come lei e una borsa a maglie d’argento come se ne vedono nei libri illustrati delle fate dondolava appesa al suo braccio nudo sottile.

Un profumo che Jorgj conosceva già, lo stesso che impregnava il suo libriccino, si sparse per la stamberga; e ancora prima di distinguer bene il volto della visitatrice egli credette di averlo già altre volte veduto: era il viso bianco, erano gli occhi severi e scintillanti che gli erano apparsi a Nuoro nel chiarore fantastico di una sera di festa. Egli cominciò a tremare.

— Buon giorno; come sta? — ella domandò semplicemente con voce un po’ velata, fermandosi davanti al letto e guardando il mendicante.

Anche Jorgj lo guardava, ma non ricordava più perchè l’uomo era lì. Solo in confuso vedeva, accanto alla figura nera di Dionisi, la figurina bianca della visitatrice e provava una grande umiliazione a venir sorpreso in quella compagnia, con quell’uomo in quella posizione.

— Alzati e vattene! — gridò aspramente, ma subito si pentì. — Oh scusi, è un noioso.... un idiota....

L’uomo si alzava pesantemente e accennava a dire qualche cosa.

— Vattene, ritornerai più tardi, vattene, —