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un grido nella notte 35


bene, era una donna coraggiosa e buona, ma aveva certe fissazioni curiose. Aveva quindici anni appena, quando la sposai, ma era già alta e forte come un soldato: cavalcava senza sella, e se vedeva una vipera o una tarantola, eran queste che avevan paura di lei. Fin da bambina era abituata ad andar sola attraverso le campagne: si recava all’ovile di suo padre sul Monte e se occorreva guardava il gregge e passava la notte all’aperto. Con tutto questo era bella come un’Immagine: i capelli lunghi come onda di mare e gli occhi lucenti come il sole. Anche la mia seconda moglie, Maria Barca, era bella, tu la ricordi, Predumarì, eravate cugini; ma non come Franzisca. Ah, come Franzisca io non ne ho conosciuto più: aveva tutto, l’agilità, la forza, la salute; era abile in tutto, capiva tutto; non s’udiva il ronzio d’una mosca ch’ella non l’avvertisse. Ed era allegra, ohiò1, fratelli miei; io ho passato con lei cinque anni di contentezza, come neppure da bambino. Ella mi svegliava, talvolta, quando la stella del mattino era ancora dietro il monte, e mi diceva:

«Su, Tanè, andiamo alla festa, a Gonare, oppure a San Francesco o più lontano ancora fino a San Giovanni di Mores».

Ed ecco in un attimo balzava dal letto, preparava la bisaccia, dava da mangiare alla cavalla, e via, partivamo allegri come due gazze sul

  1. Voce di gioia.