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la festa del cristo 245


andava calmo torcendo solo un po’ la testa e rodendo il freno, egli sentiva la sua agitazione crescere e le parole del prete «va in ora mala» gli ronzavano nelle orecchie sempre più dentro come formiconi.

Apparvero le case, di qua e di là dallo stradone deserto: solo la figura di un altro cavalcante, un Fonnese coperto dal manto di orbace le cui falde nascondevano anche la bisaccia e i fianchi del cavallo, campeggiava sullo sfondo della strada. Il puledro si eccitò di nuovo e prima che Istevene distratto lo frenasse si slanciò di corsa, urtò il Fonnese, passò come un lampo fra il terrore della gente che s’affacciava alle porte e alle finestre. Istevene perdette la berretta; il cavallo del Fonnese la calpestò, una donna la raccolse e la sbattè per toglierle la polvere. Intanto la visione terribile era scomparsa e il Fonnese domandò calmo alla donna se sapeva chi vendeva olio da ardere.

Le teste si ritirarono e tutto ricadde nel silenzio di prima, finchè non s’udì il suono della fisarmonica e apparve il prete nero seguito da compare Zua col viso ombreggiato dallo stendardo il cui broccato asciugatosi al sole pareva cuoio.

La donna che aveva raccolto la berretta si sporse da una finestra e domandò:

— Era con voi un uomo con un puledro rosso?

— Sì, perchè?

— Perchè il cavallo gli aveva preso la mano