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214 la volpe


e gli aveva portato un capretto e lo aveva invitato alla famosa tosatura. Il dottore gli parlava in dialetto, egli rispondeva in italiano, e alla domanda un po’ suggestiva:

— Inviterai molta gente?

— Sì, perchè la parentela è estesa e un uomo come me se ha molti nemici ha anche molti amici, — rispose. — Io poi sono un uomo liberale, e invito anche i parenti del primo marito di Lenarda. Mi ammazzino, se dico bugia: se ella avesse preso tre mariti avrei invitato i parenti di tutti e tre.

— Sei un uomo di mondo, si vede. Bravo; inviterai anche i vicini, suppongo.

Da uomo di mondo, Jacu finse di non saper nulla dell’ammattimento del dottore per Zana.

— E s’intende! Il vicino è più che il parente.

Il giorno della tosatura arrivò, e Zana, zia Lenarda e altre donne presero posto sul carro guidato da Jacu.

L’ovile era sull’altipiano e il pesante veicolo tirato da due giovenchi neri appena domati ribaltava su per il sentiero roccioso; ma le donne non avevan paura e Zana, con le mani intrecciate sulle ginocchia, stava tranquillamente accoccolata come davanti al suo focolare; e sembrava triste, ma i suoi occhi splendevano d’un fulgore profondo, come d’una fiamma lontana che brillasse in una notte di tenebre giù in fondo a un bosco.

— Vicina, m’impicchino, — disse Jacu, beffardo, — hai una faccia da mortoio. Verrà,