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158 la scomunica


malanni non posso neanche più pregare nè andare in chiesa.

Ma a misura che s’avvicinavano al villaggio il suo male diventava così feroce che le dava il capogiro: appena smontò, in cima alla collina nuda e rocciosa su cui il sole batteva come in piena estate, andò barcollando al portone d’una sua comare vedova, e per oltre un’ora stette immobile buttata su una stuoia, mentre la sua amica le si aggirava attorno desolata curvandosi ogni tanto per offrirle invano un vassoio di amaretti e di pirighittos. Passata la crisi si sollevò pallida come una martire.

— Lo vedete, comare mia, questa è la mia vita! Io credo di aver un cancro dentro la testa o che mi abbiano fatto qualche malia. Quanto denaro ai medici, quante offerte ai santi! La disperazione fa anche pensare al demonio ed io son venuta a consultare la vostra maga. C’è la scomunica, lo so, ma io non posso più tirare avanti.

Appena notte (il servo era andato a pascolare i cavalli) andarono in casa della maga. E che casa! Sembrava quella di un nobile, col portone nuovo, le inferriate alle finestre, il cortile selciato. Attraversando questo le due amiche incontrarono due uomini alti, col cappuccio calato, armati come guerrieri; e mentre essi passavano senza salutare, la vedova urtò col braccio la sua ospite, facendola trasalire.

— Son due banditi.