Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1912 – BEIC 1807957.djvu/94

88 storia della letteratura italiana


richieda l’opera di un solo, a governarlo l’opera di tutti. Ne’ grandi pericoli i romani nominavano un dittatore: nell’estremo della corruzione Machiavelli non vede altro scampo che nella dittatura:


Cercando un principe la gloria del mondo, dovrebbe desiderare di possedere una cittá corrotta, non per guastarla in tutto, come Cesare, ma per riordinarla, come Romolo.


Di Cesare scrive un giudizio originale rimasto celebre:


Né sia alcuno che s’inganni per la gloria di Cesare, sentendolo massime celebrare dagli scrittori; perché questi che lo laudano sono corrotti dalla fortuna sua e spauriti dalla lunghezza dell’ imperio, il quale, reggendosi sotto quel nome, non permetteva che gli scrittori parlassero liberamente di lui. Ma chi vuole conoscere quello che gli scrittori liberi ne direbbero, vegga quello che dicono di Catilina. E tanto è piú detestabile Cesare, quanto è piú da biasimare quello che ha fatto che quello che ha voluto fare un male. Vegga pure con quante laudi celebrano Bruto; talché, non potendo biasimare quello per la sua potenza, e’ celebrano il nimico suo... E conoscerá allora benissimo quanti obblighi Roma, Italia e il mondo abbia con Cesare.


Machiavelli promette, a chi prende lo Stato con la forza, non solo l’amnistia ma la gloria, quando sappia ordinarlo :


Considerino quelli a chi i cieli dánno tale occasione, come sono loro proposte due vie: l’una che li fa vivere sicuri, e dopo la morte li rende gloriosi; l’altra li fa vivere in continue angustie, e dopo la morte lasciare di sé una sempiterna infamia.


Invoca egli dunque un qualche amato dal cielo, che sani l’Italia dalle sue ferite, «e ponga fine ...a’ sacchi di Lombardia, alle espilazioni e taglie del Reame e di Toscana, e la guarisca di quelle sue piaghe giá per lungo tempo infistolite». È l’idea tradizionale del redentore o del messia. Anche Dante invocava un messia politico, il veltro. Se non che, il salvatore di Dante ghibellino era Enrico VII di Lussemburgo, perché la sua Italia era il giardino dell’impero: dove il salvatore di Machiavelli doveva