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xiii - l’«orlando furioso» 3


Pensa e sente e scrive come Orazio. Il mondo precipita: e che importa? sol che possa andar pe’ campi, seguire Lida, Licori, Filli, Glaura, e cantare i suoi amori:

                          Est mea nunc Glycere, mea nunc est cura Lycoris,
     Lyda modo meus est, est modo Phyllis amor...
Antra mihi placeant potius, montesque supini,
     vividaque irriguis gramina semper aquis...
Dum vaga mens aliud poscat, procul este Catones...
     

E scrive De puella, De Lydia, nome oraziano di una sua amata di Reggio, De Iulia, una cantante, De Glycere et Lycori, De Megilla, e fino De catella puellae, imitazione felice di Catullo. Luigi decimosecondo conquista il ducato di Milano, chiamatovi da Alessandro sesto; e che importa

                                                   si furor, Alpibus
saevo flaminis impetu
     iam spretis, quatiat celticus ausones?
     
Che importa servire a re gallo o latino,
                               si sit idem hinc atque hinc non leve servitium?
Barbaricone esse est peius sub nomine, quam sub
     moribus?
     

Tutti barbari e tutti tristi. E il giovane, esclamando «improba sedi conditio!» e lamentando «clades et Latii interitum»,

                          nuper ab occiduis illatum gentibus, olim
     pressa quibus nostro colla fuere iugo,
     
svolge l’occhio dallo spettacolo e cerca un asilo in Orazio e Catullo. L’anno appresso, alla calata di Carlo ottavo, l’Ariosto recita l’orazione inaugurale degli studi nel duomo di Ferrara, De laudibus philosophiae, e poi la reca in esametri. Scrivea pure sonetti, canzoni, elegie, dove si sente lo studio del Petrarca. Nel novantatré, a diciannove anni, scrive un’elegia per