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da intendere con larghezza, senza riferirsi precisamente alla compilazione di Andrea da Barberino e alle Mille e una notte. — p. i3 : «Guido, dottore o, come allora dicevasi, giudice»: i due titoli non erano identici.— pp. i5-6: il Borgognoni (Studi d’erudizione e d’arte, Bologna, i877, pp. i30-2) se la prende col De Sanctis perché mette l’Intelligenzia fra le cose dei siciliani «nell’opera che gli piacque intitolare Storia della letteratura italiana» [evidentemente, per cosi grosso peccato, l’opera del De Sanctis meritava di essere squalificata come «storia», e denominata «romanzo»!]: il curioso è, che lo stesso B. a p. 287 conclude, per l’Intelligenzia, che «qualcosa di siciliano v’è; vi sono, come oggidí si direbbe, alcuni elementi siciliani»! — p. i7: lo stesso B. (op. cit., n, 93) dichiara sdegnosamente (era amico del Carducci e abituato a codesti sdegni e disdegni) «cosa non seria il timido tentativo del De Sanctis di regalare alla Nina il sonetto adespoto dello ‘sparviere’». Ma l’attribuzione era del Trucchi; e il De Sanctis la ripeteva in questa cautissima forma : «e se il sonetto dello ‘sparviere’ è della Nina, se è lavoro di quel tempo, come non pare inverisimile...». Del resto, intorno a quei primi rimatori il De S. stesso (p. i7) fa una cautèla generale, osservando che : «anche oggi, dopo tante ricerche, non hai che congetture, oscurate da grandi lacune». — p. 24: «Alesso di Guido Donati» : è del Trecento, e giá il Trucchi, a cui si attenne il De S., dubitava che fosse del Dugento.— p. 27: «Guido Guinizelli nel i270 insegnava lettere nell’universitá di Bologna» : la svista del De S. è nata dal leggere in fretta un poco felice periodo del Nannucci (Manuale, i, 32) : «Guido, dice Benvenuto da Imola, che insegnava lettere umane nell’universitá di Bologna l’anno i270, fu uomo saggio e facondo», ecc. — p. 32: «Di’, Maria dolce...»: il Nannucci l’attribuiva a Iacopone, ma non è di lui. — p. 43. Che Brunetto fosse maestro del Cavalcanti e di Dante, era opinione di vecchi eruditi: tutto sta ad intendersi su quel che si vuol chiamare «maestro», e se nella parola è compresa la panca della scuola. — p. 44: «Cino, maestro di Petrarca e di Bartolo...»: di Bartolo si, del Petrarca no. — p. 48: che il Cavalcanti scrivesse una Grammatica e un’Arte del dire è anche notizia di vecchi eruditi (cfr. Nannucci, i, 266), derivata da inesatta interpetrazione di un passo di Filippo Villani. — p. 60: la Filosofia, nel Convito, non è Beatrice.— p. 72: Matteo Spinelli: il De S. credeva autentici i {w|Diurnali|Diurnali}}, quando giá l’anno prima il Bernhardi aveva ripreso la tesi della falsificazione, che poi trionfò nel i872 con la memoria del Capasso. E neppure pel Malespini il De S. era informato (e in parte non poteva) dei dubbi sorti sulla autenticitá della sua cronaca di Firenze: questione, del resto, non ancora del tutto chiarita. — p. 84: il «cavaliere di Malta» : a voler sottilizzare, avrebbe dovuto dire: «cavaliere di San Giovanni» (di Malta, divennero poi).— p. 77: il Fiore de’ filosofi non è, ma era un tempo attribuito al Latini. — p. 78: «Egidio Colonna, patrizio napoletano»: corr.: «romano». — p. i09: «Dante... aveva trentatré anni», nel i300: trentacinque, se si accetta la