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nota 439


stesso ero costretto a reputare non insufficiente. Se non che, da quell’attenta rilettura, anzi da quella fervida partita di caccia agli errori, mi è accaduto tornare con la carniera quasi vuota, nella quale appena qualche povero magro uccellino dibatteva le sue aiucce ferite. Il cacciatore è stato inesperto, o il posto indicato non è ferace per quella caccia?

Nelle ottocentocinquanta fitte pagine di questo libro del De Sanctis si può notare qualche lieve svista o qualche erroneo dato di fatto in materie per lui del tutto secondarie, o qualche poco fondata opinione attinta all’erudizione del suo tempo; ma si deve al tempo stesso lodare la diligenza dell’autore, il quale conosceva magnificamente gli scrittori dei quali recava giudizio, e si giovava, come si è visto, nello scrivere la sua opera, dei sussidi che gli offriva la Biblioteca nazionale di Firenze. Uno studio sui libri adoperati dal De Sanctis non è stato ancora fatto (sebbene io, qua e lá, in altri miei lavori, abbia dato alcune indicazioni in proposito); e lo consiglierei a qualche giovane diligente, che preferisca un’utile ricerca a un brillante e inutile articolo da giornale. All’occorrenza, il De Sanctis sapeva ritrovare e leggere in una edizione cinquecentesca la Commedia dell’anima, della quale appena un magro cenno avevano fatto il Palermo e il Klein, o procurarsi la trascrizione della inedita e importante rappresentazione del Monaco che andò al servizio di Dio, o mettere la mano sopra quella tra le edizioni delle Maccheronee del Folengo che la critica ha poi dovuto riconoscere come fondamentale, pur essendosi «impuntata», anche dopo il De Sanctis, «a gabellarla per una ciurmeria»1.

A ogni modo, offro ai lettori i risultati del mio esame, indicando insieme non solamente le rare e leggerissime sviste del De Sanctis, ma anche quelle opinioni che egli trovava presso gli eruditi del tempo e che ora la critica contesta, o quelle che sono state contestate al De Sanctis, quantunque a torto. Questo elenco si potrá forse accrescere, ma di ben poco.

Volume I , i: «Ciullo d’Alcamo»: il De S. tace dei dubbi sul nome, che, del resto, a quel tempo erano appena cominciati a sorgere, e che non hanno dato alcun frutto. — p. i0 : «I Reali di Francia, le novelle arabe»:



  1. Alessandro Luzio, nella Nota alla sua ediz. delle Maccheronee (condotta per l’appunto sulla Vigaso Cocaio, adoprata dal De S.), ii, 366.