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che cosí raggiunse la stessa misura dell’altro (di pp. 461 il primo, di pp. 469 il secondo); e la terza, presso Antonio Morano, nel 1879 (vol. primo, pp. 459, vol. secondo, pp. 465). La terza edizione fu stereotipata, e moltiplicata nell’ultimo trentennio da frequenti tirature, peggiorando sempre di tipi e di carta.

Di queste tre edizioni, il De Sanctis rivide certamente la prima e la seconda (nella quale si notano alcune, benché lievi e rade, correzioni di forma, e appena un solo piccolo ritocco in un particolare di fatto); ma quasi certamente non rivide la terza, nella quale, se venne corretto qualche errore tipografico sfuggito nelle precedenti edizioni, se ne introdussero non pochi nuovi, perpetuati dipoi dalla stereotipia.

Contemporaneamente alla prima edizione, alcune parti del libro vennero inserite in forma di articoli nella Nuova Antologia: nel giugno 1870, le pagine sul Boccaccio e le sue opere minori; nell’agosto, quelle sul Decamerone; nel novembre, sull’Aretino; nel febbraio 1871, sulla Gerusalemme; nell’aprile, sull’Orlando furioso; nell’agosto, sul Metastasio. Sono riproduzioni integrali delle pagine relative della Storia, salvo per quelle concernenti il Metastasio, nelle quali si leggono nell’Antologia parecchi brani, che non sono nel libro[1]. Dei tre saggi, sul Foscolo (giugno 1871), sul Parini (ottobre) e sul Mondo epico-lirico del Manzoni (febbraio 1872), solo alcuni tratti, particolarmente di quest’ultimo, sono adoperati nella Storia.

Per questa nuova edizione ho posto a confronto tutte e tre le edizioni ora descritte (ricorrendo, per qualche punto dubbio, anche agli articoli della Nuova Antologia); e mi è stato possibile in tal modo correggere non pochi errori di stampa, e dare un testo, che credo perfettamente rispondente all’intenzione del De Sanctis. Superfluo mi è parso, avendo innanzi le stampe curate dall’autore, di ricorrere al manoscritto autografo, che serví per la tipografia e che si serba ora nel Museo nazionale di San Martino in Napoli. La punteggiatura del De Sanctis è stata di solito rispettata, ritoccandola solo dove il ritocco era un evidente miglioramento. E non parlerò dei mutamenti di disposizione meramente tipografica (capitoli a capo di pagina dispari, brani citati messi in corpo piú piccolo, e simili), che sono conformi alle generali norme tipografiche della nostra raccolta degli Scrittori d’Italia.



  1. Li ho riprodotti in Critica, x (1912), 147-151.