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xiii - l’«orlando furioso» 31


                                    La lunga absenzia, il veder vari luoghi,
praticare altre femmine di fuore,
par che sovente disacerbi e sfoghi
dell'amorose passioni il core.

Amor dee far gentile un cor villano,
e non far d'un gentil contrario effetto.
     


Queste sentenze non sono osservazioni profonde e originali, ma luoghi comuni assai bene versificati, che non lasciano alcun vestigio di sé. Il sentimento, ora condensato in una sentenza, ora tradotto in una immagine, appena nato, si dissolve. Non mancano tratti sentimentali, come è la risposta di Dardinello a Rinaldo, o di Agramante a Brandimarte, o i lamenti. di Olimpia o di Orlando o di Cloridano, cosí musicali ed elegiaci; ma stanno come inviluppati in quel mare fantastico e naufragati sotto a quei flutti d'immagini. Sono voci d'angoscia e di passione, che prima di giungere a noi giá si confondono col rumore delle onde e diventano visibili: sono immagini. Un ultimo esempio ce lo dá Orlando, che, piangendo e chiamando Angelica, la paragona ad un'agnella smarrita e ci fa intorno de' ricami.

In una societá cosí poco sentimentale, cosí superficiale e mobile, e cosi ricca d' immaginazione come povera di coscienza, si può concepire quale viva ammirazione dovessero destare questi quadri plastici. La nuova letteratura, iniziata in quei giri musicali del Decamerone, si contemplava e si ammirava in queste flessuose ottave, dove la vita nella sua rapida vicenda è cosí palpabile e cosi limpida. «Procul este, profani». Nessuna ombra del reale, nessuno spettro del presente, nessuna voce profonda del cuore o della mente venga a turbare questa danza serena. Siamo nel regno della pura arte: assistiamo a' miracoli dell'immaginazione. Il poeta volge le spalle all' Italia, al secolo, al reale e al presente, e naviga, come Dante, in un altro mondo; e quando dalla lunga via ritorna, si circonda, come d'una corona, di poeti e di artisti: vera immagine di quella Italia, madre della coltura e dell'arte, a cui egli presentava l'Orlando. Ma