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xx - la nuova letteratura 331


cui ispirazione appartengono i movimenti comici penetrati in questa natura appassionata, com’è nella scena della gelosia, applauditissima alla rappresentazione. Una Didone cosi fatta non ha niente di classico: qui non ci è Virgilio, e non Sofocle: tutto è vivo, tutto è contemporaneo. La passione non ha semplicitá e non ha misura, e nella sua violenza rompe ogni freno, perde ogni decoro. Se in Didone fosse eminente il patriottismo, il pudore, la dignitá di regina, l’amore de’ suoi, la pietá verso gl’iddii, se in lei fosse piú accentuata l’eroina, il contrasto sarebbe drammatico, altamente tragico. Ma l’eroina, c’è a parole, e la donna è tutto: la passione, unica dominatrice, diviene come una pazzia del cuore, cinica e sfrontata sino al grottesco, e scende dritta la scala della vita sino alle piú basse regioni della commedia. Al buon Pindemonte dánno fastidio alcuni tratti comici, e non vede che sotto forme tragiche la situazione è sostanzialmente comica; sicché, se in ultimo Enea si potesse rappattumare con l’amata, sarebbe il dramma, con lievi mutazioni, una vera commedia. E non giá una commedia costruita artificialmente, ma còlta dal vero, perché è la donna come poteva essere concepita in quel tempo, ispirata dalla Bulgarelli e da quel pubblico nell’anima conforme del poeta, e contro le sue intenzioni e senza sua coscienza. A Metastasio, che voleva fare una tragedia, dire che aveva partorito una commedia in forma tragica, sarebbe stato come dire una bestemmia. Il comico è in quei si e no della passione, in quei movimenti subitanei, irrefrenabili, che scoppiano improvvisi e contro l’aspettazione; nell’ irragionevole, spinto sino all’assurdo; negl’intrighi e nelle scaltrezze di bassa lega, piú da donnetta che da regina: e tutto cosi a proposito, cosi naturale, con tanta vivacitá, che il pubblico ride e applaude, come volesse dire: — È vero. — Fu per il poeta un trionfo. Alcuni motti rimasero proverbiali, come:


                                              Temerario! Che venga!      


quando allora allora avea detto:


                               Mai piú non mi vedrá quell’alma rea.