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un Bacone. — Trovava in lui congiunto il senso ideale di Platone, il senso pratico di Tacito, la «sapienza riposta» dell’uno, la «sapienza volgare» dell’altro. E poi, gli apriva nuovi orizzonti. Avea studiato tanto, e la sua scienza non era piú un libro chiuso: ci era tanto da aggiungere, tanto da riformare. Voleva egli pure conferire del suo «nella somma che costituisce l’universal repubblica delle lettere». Non è piú un erudito immobilizzato nel passato : è un riformatore, un investigante. Critica, dubita, esamina, approfondisce. Sente il morso dello spirito nuovo. Ne’ suoi studi dell’antica sapienza italica vedi giá il disdegno delle «etimologie grammaticali», il dispregio dell’erudizione volgare, l’uomo che tenta nuove vie, intravvede nuovi orizzonti, cerca tra i particolari le alte generalitá.

Piú tardi gli capitò Grozio, e divenne il suo «quarto autore». Grozio gli completa Bacone. Costui vide «tutto il saper umano e divino doversi supplire in ciò che non ha, ed emendare in ciò che ha; ma, intorno alle leggi,... non s’innalzò troppo all’universo delle cittá ed alla scorsa di tutt’ i tempi, né alla distesa di tutte le nazioni». Grozio gli dá un dritto universale, in cui «è sistemata tutta la filosofia e la teologia». Il comentatore del dritto romano si sente alzare a filosofo. Cerca una filosofia del dritto con Grozio, e si fa il suo annotatore : poi riflette che è un eretico, e lascia stare.

La materia della sua coltura è sempre quella: dritto romano, storia romana, antichitá. La sua fisica è pitagorica, la sua metafisica è platonica, conciliata con la sua fede. Base della sua filosofia è l’ente, l’uno, Dio. Tutto viene da Dio, tutto torna a Dio l’«unum simplicissimum» di Ficino. L’uomo e la natura sono le sue ombre, i suoi fenomeni. La scienza è conoscere Dio, «perdere se stesso» in Dio. E vien sú il Dio di Campanella, l’eterno lume, il senno eterno, con le sue primalitá, «nosse, velie, posse». Fin qui Vico è un luogo comune. La sua erudizione e la sua filosofia camminano in linea parallela e non s’incontrano. Manca l’attrito. Ci è l’ascetico, il teologo, il platonico, l’erudito, ci è l’italiano di quel tempo nello stato ordinario delle sue credenze e della sua coltura.