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«cogito», la fa ricomparire a un tratto, gli pareva un artificio rettorico. Quel suo «de omnibus dubitandum» lo scandalizzava. Quella tavola rasa di tutto il passato, quel disprezzo di ogni tradizione, di ogni autoritá, di ogni erudizione, lo feriva nei suoi studi, nella sua credenza e nella sua vita intellettuale; e si difendeva con vigore, come si difende dal masnadiero la roba e la vita. La diffusione della coltura, la moltiplicitá dei libri, quei metodi strepitosi abbreviativi, quella superficialitá di studi con tanta audacia di giudizi, fenomeni naturali di ogni transizione, quando un mondo se ne va e un altro viene, movevano la sua collera. Avvezzo ai severi e profondi studi, a pensare co’ sapienti ed a scrivere pei sapienti, gli spiacea quella tendenza a vulgarizzare la scienza, quella rapida propagazione d’idee superficiali e cattive. E se la pigliava con la stampa. Si gloriava di non appartenere a nessuna setta. E li era il suo punto debole. Posto tra due secoli, in quel conflitto di due mondi che si davano le ultime battaglie, non era né con gli uni né con gli altri, e le cantava a tutti e due. Era troppo innanzi pe’ peripatetici, pe’ gesuiti e per gli eruditi; era troppo indietro per gli altri. Questi trovavano ridicoli i suoi «punti metafisici»; quelli trovavano avventate le sue etimologie e sospetta la sua erudizione. Era da solo un terzo partito, come si direbbe oggi: la ragione serena e superiore, che nota le lacune, le contraddizioni e le esagerazioni: ma ragione ancora disarmata, solitaria, senza seguaci, fuori degl’ interessi e delle passioni; perciò, in quel fervore della lotta, appena avvertita e di nessuna efficacia. Se dietro al critico ci fosse stato l’uomo, un po’ di quello spirito propagatore e apostolico di Bruno e Campanella, sarebbe stato vittima degli uni e degli altri. Ma era un filosofo inoffensivo, tutto cattedra, casa e studio, e guerreggiava contro i libri, rispettosissimo verso gli uomini. Oltreché, le sue ubbie rimanevano nelle altissime regioni della filosofia e della erudizione, dove pochi potevano seguirlo; e fu lasciato vivere fra le nubi, stimato per la sua dottrina, venerato per la sua pietá e bontá. Conscio e scontento della sua solitudine, vi si ostinò, benedicendo «non aver lui avuto maestro nelle cui parole avesse