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era Telesio, il gran novatore; il suo odio era Aristotele, con tutto il suo séguito, e, come Bruno, preferiva gli antichi filosofi greci, massime Pitagora. Venuto in Cosenza, i suoi frati, che giá conoscevano l’uomo, non vollero permettergli di udire né di veder Telesio: ciò che infiammò il desiderio e l’amore. Il giorno che Telesio mori, fu visto in chiesa accanto alla bara il giovine frate, che dovea continuarlo. I cosentini, sentendolo nelle dispute, dicevano che in lui era passato lo spirito di Telesio. La scuola telesiana o «riformatrice», come era detta, gli fu tutta intorno: il Bombino, il Montano, il Gaieta, da lui celebrati insieme col maestro. Il suo primo lavoro fu una difesa di Telesio contro il napoletano Marta. Venuto a Napoli per la stampa dell’opera, attirò l’attenzione per il suo ardore nelle dispute, per l’agilitá e la presenza dello spirito, per la franchezza delle opinioni e per l’immenso sapere. E gl’invidiosi dicevano: — Come sa di lettere costui, che mai non le imparò? — E recavano a magia, a cabala, a scienza occulta ciò che era frutto di studi solitari. Le opinioni telesiane poco attecchivano in Napoli, onde il buon Telesio avea dovuto andar via per le molte inimicizie. Anche il Porta ci stava a disagio, e dovea con le commedie far perdonare alla sua filosofia. Naturalmente, si strinse un legame tra Campanella e l’autore della Magia naturale e della Fisionomia. Disputavano, leggevano, conferivano i loro lavori. Frutto di questa dimestichezza fu il libro De sensu rerum, a cui successe l’altro De investigatione. Ivi si stabilisce per qual via si giunga a ragionare «col solo senso e colle cose che si conoscono pe’ sensi»: ciò che è il metodo sperimentale, base della filosofia naturale. Ci si vede l’influenza di Telesio, di Porta e di tutta la scuola riformatrice.

Porta potè esser tollerato a Napoli, perché era non solo gentiluomo e assai riverito, ma uomo di spirito e amabilissimo. Ma Campanella non sapea vivere, come dicevano i suoi emuli. Era tutto di un pezzo e alla naturale, veemente, rozzo, audace di pensiero e di parola. E venne in uggia a moltissimi, e anche ai suoi frati, che non gli potevano perdonare l’odio contro Aristotele. Come Bruno, lasciò il convento, e indi a non molto