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di Pietro Aretino. E quando questo sforzo dello spirito pareva soverchia fatica, gli scrittori rimanevano, senza piú, semplici parolai o frasaiuoli: ciò che si diceva «stile fiorito». Queste sono le due forme della decadenza, di cui si vedono giá i vestigi in Pietro Aretino e che ora tengono il campo nelle accademie letterarie. Gli accademici s’incensano, si batton le mani, si decretano l’immortalitá. Abbiamo gli Ardenti, i Solleciti, gl’Intrepidi, gli Olimpici, i Galeotti, gli Storditi, gl’Insipidi, gli Ottusi, gli Smarriti. Acquistano un’importanza artificiale: molti vi pigliano il battesimo di grandi uomini, come fu del Salvini, dotto uomo, ma d’ingegno assai inferiore alla fama. Corona di questa letteratura frivola sono gli acrostici, gli indovinelli, gli anagrammi e simili giuochi di spiriti oziosi.

La parola come parola può per qualche tempo avere un’esistenza artificiale nelle accademie, ma non potrá mai formare una letteratura popolare, perché la parola, se come espressione è potentissima, come semplice sensibile è inferiore a tutti gli altri istrumenti dell’arte. La parola è potentissima quando viene dall’anima e mette in moto tutte le facoltá dell’anima ne’ suoi lettori; ma, quando il di dentro è vuoto e la parola non esprime che se stessa, riesce insipida e noiosa. Allora la vista materiale, il colore, il suono, il gesto sono ben piú efficaci alla rappresentazione che quella morta parola. Si comprende adunque come i parolai, con tutto il loro spirito e la loro eleganza, mantennero la loro influenza in un circolo sempre piú ristretto di lettori, e come al contrario presero il sopravvento gli attori, i musici e i cantanti, divenuti popolarissimi in Italia e fuori. Le accademiche commedie del Fagiuoli doveano piacer meno che le commedie a soggetto, venute sempre piú in voga, dove il fondo monotono e tradizionale era ringiovanito dagli accessori improvvisati e dall’abile mimica. D’altra parte, nella parola si sviluppava sempre piú l’elemento cantabile e musicale, giá spiccatissimo nel Tasso, nel Guarini, nel Marino. La sonoritá o la melodia era divenuta principal legge del verso o della prosa, e si fabbricavano i periodi a suon di musica : ciascuno aveva nell’orecchio un’onda melodiosa. Parte di rettorica era la declamazione.