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rilievo, manca il rilievo. Non ci è senso di arte né di natura; e chi vuol sentire la differenza, ricordi la descrizione che fa l’Aretino del cielo di Venezia, cosi trepida d’impressioni e movimenti interni. E non ha neppur senso d’uomo, né di tante sue situazioni affettuose né di tanti suoi ritratti di personaggi ideali o storici alcuna cosa è rimasta viva. Eccolo in Terra santa. Che impressioni e che affetti non dee destare quella vista in un buon cristiano, com’era il Bartoli! Ma se ne sbriga cosi:


Lagrime di dolore e baci di pietoso affetto unitamente si debbono a questo venerabile terreno, che, col piè scalzo e in atto non di curioso geografo ma di pellegrino divoto, calchiamo.


E attendiamo gli ardori estatici del pellegrino. Ma è un cominciare con Plinio e un finire con Lucano, con intramessa di fredde amplificazioni rettoriche.

Stessa coltura e stesso contenuto nel padre Segneri. Non ha altra serietá che letteraria : ornare e abbellire il luogo comune con citazioni, esempli, paragoni e figure rettoriche : perciò stemperato, superficiale, volgare e ciarliero. Si loda il suo esordio alla predica del paradiso: «Al cielo, al cielo!». Il concetto è questo: — La terra non offre un bene perfetto; miriamo dunque al cielo. E noi abbiamo conosciuto giá questo mondo, giá l’abbiamo sperimentato, ed ancora tolleriam di rimanerci. Eh! al cielo, al cielo! — Ora la prima parte non ha bisogno di dimostrazione, perché ammessa da tutti. Ma qui si accaneggia il Segneri, e intorno a questo luogo comune intesse tutt’ i suoi ricami. E se avesse veramente il sentimento della terrena infelicitá e delle gioie celesti, non mancherebbe ai suoi colori novitá, freschezza, profonditá. Ma non è che uno spasso letterario, un esercizio rettorico. Luogo comune il concetto, luoghi comuni gli accessori. Non mira efficacemente a convertire, a persuadere l’uditorio; non ha fede, né ardore apostolico, né unzione; non ama gli uomini, non lavora alla loro salute e al loro bene. Ha nel cervello una dottrina religiosa e morale di accatto ed ereditaria, non conquistata col sudore della sua fronte, una grande erudizione sacra e profana: ivi niente si


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - ii.

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