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132 | storia della letteratura italiana |
tempo. A sentirlo sentenziare, è savissimo; ma non ha pratica del mondo, e il servo la sa piú lunga di lui; e piú lunga del servo la sa Tessa, la moglie. Questo filosofo, a cui la moglie gliela fa sul naso, pronunzia sentenze bellissime sulle donne, mentre il servo, che sa tutto, gli fa la boccaccia:
Plataristotile. La femmina è guida del male e maestra de la scelleratezza.
Servo. Chi lo sa noi dica.
Plataristotile. Il petto della femmina è corroborato d’inganni.
Servo. Tristo per chi non la intende...
Plataristotile. ... Solo quella è casta che da nessuno è pregata.
Servo. Questo si ch’io stracredo...
Plataristotile. Chi sopporta la perfidia de la moglie impara a sofferire le ingiurie dei nemici.
Servo. Bella ricetta per chi è polmone.
E il servo conchiude: — «Vostra Saviezza pigli quel che vi potria intravvenire, in buona parte, e non si lasci tanto andar dietro agli speculamenti dottrineschi, che il diavolo non vi lasciasse poi andare pei canneti».
— «Tu parli da eloquente — risponde il filosofo; — ma non ci son per considerar sopra, per lo appetito della gloria che conseguisco filosofando».
Il suo Boccaccio è uno di quei merli capitati nelle unghie di una cortigiana e scorticati vivi. La sua serva tende l’imboscata:
Boccaccio. Che causa move la tua madonna a voler parlare a me, che son forestieri?
Lisa. Forse la grazia ch’è in voi; mafie si, ch’ella ci è or via.
Boccaccio. Tu ti diletti da ben dire.
Lisa. Mi venga la morte, se non ispasima di favellarvi.
Boccaccio. Chi è gentile il dimostra.
Lisa. Nel vederla metterete a monte le bellezze d’ogni altra... State saldo, fermatevi, e mirate il sole, la luna e la stella, che si levano lá su quell’uscio.
Boccaccio. Che brava appariscenzia!