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124 storia della letteratura italiana


Quanto saria meglio — scrive al cardinale di Ravenna — per un gran maestro il tenere in casa uomini fedeli, gente libera e persone di buona volontá, senza inneggiarsi de la volpina modestia dei pedanti asini degli altrui libri, i quali, poi che hanno assassinato i morti e con le lor fatiche imparato a gracchiare, non riposano fino a tanto che non crocifiggano i vivi. E che sia il vero: la pedanteria avvelenò Medici, la pedanteria scannò il duca Alessandro, la pedanteria ha messo in castello Ravenna, e, quel ch’è peggio, ella ha provocata l’eresia contra la fede nostra per bocca di Lutero, pedantissimo.


Non è meno implacabile verso il pedantismo letterario. Al Dolce scrive:


Andate pur per le vie che al vostro studio mostra la natura... Il Petrarca e il Boccaccio sono imitati da chi esprime i concetti suoi con la dolcezza e con la leggiadria con cui dolcemente e leggiadramente essi andarono esprimendo i loro, e non da chi gli saccheggia, non pur dei «quinci», dei «quindi» e dei «soventi» e degli «snelli», ma dei versi interi... Il cacar sangue dei pedanti che vogliano poetare rimoreggia de l’imitazione, e, mentre ne schiamazzano negli scartabelli, la trasfigurano in locuzione, ricamandola con parole tisiche in regola. O turba errante, io ti dico e ridico che la poesia è un ghiribizzo de la natura nelle sue allegrezze; il qual si sta nel furor proprio, e, mancandone, il cantar poetico diventa un cimbalo senza sonagli e un campanil senza campane: per la qual cosa chi vuol comporre e non trae cotal grazia da le fasce è un zugo infreddato... Imparate ciò ch’io favello da quel savio dipintore, il quale, nel mostrare a colui, che il dimandò chi egli imitava, una brigata d’uomini col dito, volse inferire che dal vivo e dal vero toglieva gli esempi, come gli tolgo io parlando e scrivendo. La natura istessa, de la cui semplicitá son secretano, mi detta ciò che io compongo... È certo ch’io imito me stesso, perché la natura è una compagnona badiale che ci si sbraca, e l’arte una piattola che bisogna che si apicchi: si che attendete a esser scultor di sensi e non mmiator di vocaboli.


Parecchi scrivevano allora cosi alla naturale, e basta citare fra tutti il Cellini, tutto vita e tutto cose. Ma il Cellini si teneva un ignorante, e voleva che il Varchi riducesse la sua Vita nella