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e la malignitá congiunta con la servilitá. Cosí, alludendo alla munificenza di Francesco primo, dice a Pier Luigi Farnese:

                                    Impara tu, Pier Luigi ammorbato,
impara, ducarei da tre quattrini,
il costume da un re tanto onorato.
     Ogni signor di trenta contadini
e di una bicoccazza usurpar vuole
le cerimonie de’ culti divini.
     

Pietro non è un malvagio per natura. È malvagio per calcolo e per bisogno. Educato fra tristi esempi, senza religione, senza patria, senza famiglia, privo di ogni senso morale, con i piú sfrenati appetiti e con molti mezzi intellettuali per soddisfarli, il centro dell’universo è lui : il mondo pare fatto a suo servizio. Su questa base, la sua logica è uguale alla sua tempra. Ha una chiara percezione de’ mezzi e nessuna esitazione o scrupolo a metterli in atto. E non lo dissimula, anzi se ne fa gloria : è li la sua forza, e vuole che tutti ne sieno persuasi. Il mondo era un po’ a sua immagine. Molti erano che avrebbero voluto imitarlo; ma non avevano il suo ingegno, la sua operositá, la sua penetrazione, la sua versatilitá, il suo spirito. Perciò l’ammiravano. Fra tanti avventurieri e condottieri, di cui l’Italia era ammorbata, gente vagabonda senza principi, senza professione e in cerca di una fortuna a qualunque costo, il principe, il modello era lui. Tiziano lo chiama il «condottiero della letteratura». E lui non se ne offende : se ne pavoneggia. Lasciato alla sua spontaneitá, quando non lo preme il bisogno e non opera per calcolo, scopre buone qualitá. È allegro, conversevole, liberale; anzi magnifico, amico a tutta prova, riconoscente, ammiratore de’ grandi artisti, come di Michelangiolo e di Tiziano. Aveva la logica del male e la vanitá del bene.

Pietro, come uomo, è un personaggio importante, il cui studio ci tira bene addentro ne’ misteri della societá italiana, della quale era immagine, in quella sua mescolanza di depravazione morale, di forza intellettuale e di sentimento artistico. Ma non è meno importante come scrittore.