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ché, s’ io voglio vegliar, e’ vói dormire : ogni po’ di disagio lo fa mesto, e comincia di fatto a impalidire.

La Sensualitá, che vede questo, mi dice: — Tu vorrai volar senz’ale, e dar un buon guadagno allo spedale. —

E la Sensualitá, cosi invocata, le dice beffando:

Tu vorresti ir al ciel cosi vestita: io ti vo’ dire il ver senza rispetto.

A me pare che tu ti sie smarrita: faresti ben a picchiarti un po’ il petto.

Non vorresti patir caldo né gielo, e calzata e vestita andar in cielo.

Ma ecco la Ragione dire all’anima :

Deh dimmi, anima mia, c’ hai tu avuto : io m’ero appunto appunto addormentata.

E, saputo il fatto, dice della sua nemica:

Eli’ è una bestiaccia si insolente; bisogna non lasciar punto la briglia: battila spesso senza discrezione, e non gli mostrar mai compassione.

— Ma che dovevo fare? — dice l’anima:

Dovevi tutt’aprirti nelle braccia, a pigliar una mazza tanto grossa, che rompessi la carne e tutte Tossa.

La Sensualitá non se ne spaventa, e dopo uno scambio di villanie aggiunge :

Questa Ragion è sol ipocrisia, e non sa appena dir l’avemaria.

E m’ incresce di te c’ hai questo sprone: bisognerebbe che tu tei cavassi.

Deh! fa’ a mio modo: piglia un buon mattone.