Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/75

IV

LA PROSA

[La materia cavalleresca e le traduzioni in prosa — Elementi cavallereschi nelle cronache — Mancanza di arte — Il Novellino come libro di appunti per narratori - — Scarsa fortuna artistica del romanzo e della novella in Italia: gli spiriti colti si volgono al sapere e alla scienza — Le traduzioni dei libri etici e rettorici — Libro di Cato — Fiore di rettorica — Trattati di Albertano da Brescia, e altre compilazioni — Fiori, Giardini e Tesori — Popolaritá di Boezio — Brunetto Latini e Bono Giamboni — Le leggende e la lotta tra cielo e terra, risolventesi nella «tragedia» o nella «commedia» — Medesimezza di pensiero, ma inferioritá della prosa rispetto alla poesia del Dugento — Progressi della lettératura in volgare.]

Se i rimatori o dicitori in rima aiutarono molto alla formazione del volgare, non minore opera vi diedero i bei favellatori

0 favoleggiatori. «Favella» viene da «fabella», «favoletta», e perciò le lingue moderne furon dette «favelle», lingue de’ favoleggiatori. Costoro nelle corti e ne’ castelli raccontavano novelle, come i rimatori poetavano d’amore. Cosi gl’ inizi della nostra lingua furono

versi d’amore e prose di romanzi.

Come i versi, cosi le prose aveano giá tutto un repertorio venuto dal di fuori. I rimatori attingevano nel Codice d’amore;

1 novellatori o favellatori attingevano ne’ romanzi della Tavola rotonda o di Carlomagno. Il cavaliere errante era il tipo convenzionale degli uni e degli altri.