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e Aleramo, o nell’ Erizzo i lamenti di re Alfonso sulla tomba di Ginevra. Come a svegliare i romani ci voleva la vista del sangue, a muovere quella borghesia sonnolenta e annoiata si va sino al piú atroce e al piú volgare. La figliuola di re Tancredi nel Boccaccio è una nobile creatura, ma sono mostri volgari la Rosmonda del Bandello o l’Orbecche del Giraldi, che pur non ti empiono di terrore e non ti spoltriscono e non ti agitano, per il freddo artificio della forma. Tra gli eleganti elegantissimo è il Bargagli, che sceglie forme nobili e solenni anche dove è in fondo cosa da ridere, come è la sua Lavinella : situazione comica in forma seria, anzi oratoria.

Ciò che rimane di vivo in questa letteratura non è il fantastico e non il tragico, ma un comico, spesso osceno e di bassa lega e superficiale, che non va al di lá della caricatura, e talora è piú nella qualitá del fatto che ne’ colori. Alcuna volta ci è pur sentore di un mondo piú gentile, soprattutto nell’ Erizzo e nel Bandello, come è la novella di costui della reina Anna; ma in generale, come nelle corti anche piú civili sotto forme decorose e amabili giace un fondo licenzioso e grossolano, la novella è oscena e plebea in contrasto grottesco con uno stile nobile e maestoso, puro artificio meccanico. È un comico che a forza di ripetizione si esaurisce e diviene sfacciato e prosaico. Il capitolo muore col Bemi e la novella col Lasca.

È il Decamerone in putrefazione. Il difetto del capitolo è dí cercare i suoi mezzi comici piú nelle combinazioni astratte dello spirito che nella rappresentazione viva della realtá. È lo stesso difetto del petrarchismo: il Petrarca del capitolo è Francesco Remi, e i petrarchisti sono i suoi imitatori, che a forza di cercar rapporti e combinazioni escono in freddure e sottigliezze. Il difetto della novella è la sensualitá prosaica e la vana curiositá: senza ideali e senza colori, e in una forma spesso pedantesca e sbiadita. E capitolo e novella hanno poi un difetto comune : la superficialitá; quel lambire appena la esterioritá dell’esistenza e non cercare piú addentro, come se il mondo fosse una serie di apparenze fortuite e non ci fosse uomo e non ci fosse natura.