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penetrò dalle corti nel contado; se ne fecero imitazioni; comparve la Istoria e favola d’ Orfeo ; e anche oggi nelle valli toscane ti giunge la melodia di Orfeo dalla dolce lira, una storia in ottava rima. Personaggio indovinato, comparso proprio alla sua ora nel mondo moderno, segnacolo e vessillo del secolo.

L ’Orfeo nacque tra le feste di Mantova; e tra le feste di Firenze nacquero le Stanze. Quel mondo borghese della cortesia, cosi ben dipinto nel Decamerone, riproducea nelle sue giostre il mondo profano de’ romanzi e delle novelle, la cavalleria. I poeti celebrano a suon di tromba «le gloriose pompe e i fieri ludi» di questi mercanti improvvisati cavalieri e vestiti all’eroica: non ci era piú la realtá; ce n’era l’immaginazione. Le giostre erano in fondo una rappresentazione teatrale, e i giostranti erano attori che rappresentavano i personaggi de’ romanzi; spettacolo continuato oggi nelle corse, con questo progresso: che gli attori sono i cavalli. Ridicoli sono i poeti che narrano le alte geste de’ giostranti come fossero Orlando e Carlomagno, con le frasi ampollose de’ romanzi, e descrivono minutamente gli abiti, le fogge, le divise, gli stemmi, gli scontri con una serietá frivola. Anche Giuliano de’ Medici fece la sua giostra, e divenne l’eroe di quel poemetto che i posteri hanno chiamato le Stanze.

Comincia a suon di tromba. Il poeta vuol celebrare le gloriose imprese:

si che i gran nomi e’ fatti egregi e soli

fortuna o morte o tempo non involi.

Ma i fatti egregi e i gran nomi sono dimenticati. E che cosa è rimasto? Le Stanze : forme vaganti, di cui nessuno cerca il legame, ciascuna compiuta in sé. Nella giovine mente del poeta non ci è il romanzo : ci è Stazio e Claudiano con le loro Selve, ci è Teocrito ed Euripide, ci è Ovidio con le sue Metamorfosi, ci è Virgilio con la sua Georgica, ci è il Petrarca con la sua Laura; ci è tutto un mondo d’ immagini fluttuanti, sciolte, disseminate come le stelle nel cielo all’occhio semplice del pastore.