Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/27

Un sonetto di Bondie Dietaiuti è similissimo a questo di concetto e di condotta, con minor movimento e grazia e freschezza, ma superiore d’assai per arte e perfezione di forma:

Quando l’aria rischiara e rinserena, il mondo torna in grande dilettanza, e l’acqua surge chiara dalla vena, e l’erba vien fiorita per sembianza, e gli augelletti riprendon lor lena, e fanno dolci versi in loro usanza, ciascun amante gran gioí’ ne mena per lo soave tempo che s’avanza.

Ed io languisco ed ho vita dogliosa: come altro amante non posso gioire, ché la mia donna m’ è tanto orgogliosa.

E non mi vale amar né ben servire: però l’altrui allegrezza m’ è noiosa, e dogliomi eh’ io veggio rinverdire.

In questi due sonetti è grande semplicitá di pensiero e di andamento e una perfetta misura. Si ha aria di narrare quello si vede o si sente, senza riflessioni ed emozioni, ma con una vivacitá ed un colorito che suscita le piú vive impressioni. Il secondo sonetto è cosa perfetta, se guardi alla parte tecnica, ed accenna a maggior coltura; non solo la nuova lingua è pienamente formata, ma è giá elegante, giá la frase surroga i vocaboli propri : a me piace piú la perfetta semplicitá del sonetto femminile, con movenza piú vivace, piú immediata e piú naturale.

La proprietá, la grazia e la semplicitá sono le tre veneri che si mostrano nel volgare, come si era ito formando in Toscana; qualitá che trovi ancora dove è piú difficile a serbarle, quando per una impazienza interna si rompe il freno e si dicono i secreti piú delicati dell’animo con tanta piú audacia quanto maggiore è stata la compressione, e con la sicurezza di chi sente che non ha torto ma ragione : è una violenza raddolcita da una