Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/263

mente estetico. Laura piange; egli dice: — Quanto son belle quelle lacrime! — Laura muore; egli dice:

Morte bella parea nel suo bel viso.

Fantastica sulla sua morte. Ed ecco Laura che prega sulla sua fossa,

asciugandosi gli occhi col bel velo.

La bellezza per Dante è apparenza simbolica, «la bella faccia della sapienza» : dietro a quella ci sta la vita nella sua serietá, vita intellettuale e morale. Qui la bellezza, emancipata dal simbolo, si pone per se stessa, sostanziale, libera, indipendente, quale si sia il suo contenuto, sia pure indifferente o frivolo o repugnante. Il contenuto, giá cosi astratto e scientifico, anzi scolastico, qui pare per la prima volta essenzialmente come bellezza schietta, realtá artistica. Al Petrarca non basta che l’ immagine sia viva, come bastava a Dante; vuole che sia bella. Ciò che move il suo cervello a sviluppare e formare l’ immagine, non è l’ idea, come storia o filosofia o etica, ma è il piacere estetico, che in lui s’ ingenera, della sua contemplazione.

Questo sentimento della bella forma è cosi in lui connaturato, che penetra ne’ minimi particolari dell’elocuzione, della lingua e del verso. Dante anche nei piú minuti particolari di esecuzione guarda il di dentro e non lo perde mai di vista, perché è il di dentro che l’appassiona; il Petrarca rimane volentieri al di fuori, e non resta che non l’abbia condotto all’ultima perfezion tecnica. Nelle immagini, ne’ paragoni, nelle idee non cerca novitá e originalitá, anzi attinge volentieri ne’ classici e ne’ trovatori, intento non a cercare o trovare, ma a dir meglio ciò che è stato detto da altri. L’obbiettivo della sua poesia non è la cosa, ma l’ immagine, il modo di rappresentarla. E reca a tanta finitezza l’espressione, che la lingua, l’elocuzione, il verso, finora in uno stato di continua e progressiva formazione, acquistano una forma fissa e definitiva, divenuta il modello de’ secoli posteriori. La lingua poetica è anche oggi quale il Petrarca ce la lasciò, né alcuno gli è entrato innanzi negli artifici