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del celeste sodalizio. E dove potea giungere, lo mostra la preghiera di san Bernardo, che è un vero inno alla Vergine, e l’inno a san Francesco d’ Assisi e l’inno a san Domenico, nella loro semplicitá anche un po’ rozza tutto cose e piú schietti che i magniloquenti inni moderni.

I canti delle anime sono vuoti di contenuto, voci e non parole, musica e non poesia: è tutto una sola onda di luce, di melodia e di voce, che ti porta seco:

— Al Padre, al Figlio, allo Spirito santo — cominciò — gloria — tutto il paradiso, tal che m’ inebriava il dolce canto.

Ciò eh’ io vedeva mi sembrava un riso dell’universo, però che mia ebbrezza entrava per l’udire e per lo viso.

Oh gioia! oh ineffabile allegrezza! oh vita intera d’amore e di pace! oh senza brama sicura ricchezza!

È l’armonia universale, l’ inno della creazione. La luce, vincendo la corporale impenetrabilitá e frammischiando i suoi raggi, esprime anche al di fuori questa compenetrazione delle anime, l’ individualitá sparita nel mare dell’essere. Il poeta, signore anzi tiranno della lingua, forma ardite parole a significare questa medesimezza amorosa degli esseri nell’essere: «inciela», «imparadisa», «india», «intuassi», «immei», «inlei», «s’infutura», «s’illuia»; delle quali voci alcune dopo lungo obblio rivivono. La redenzione dell’anima è la sua progressiva emancipazione dall’egoismo della coscienza; la sua individualitá non le basta; si sente incompiuta, parziale, disarmonica, e sospira alla idealitá nella vita universale. Questo è il carattere della vita in paradiso. Non solo sparisce la faccia umana, ma in gran parte anche la personalitá. Vivono gli uni negli altri e tutti in Dio.

Questo vanire delle forme e della stessa personalitá riduce il paradiso a una corda sola, a lungo andare monotona, se non vi penetrasse la terra e, con la terra, altre forme ed altre passioni. La terra penetra come contrapposto a questa vita d’amore