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impedimento alla costituzione stabile delle nazioni, e massime d’ Italia, in quella unita civile o imperiale, che rendea immagine dell’unitá del regno di Dio. A questo mondo guasto contrapponevano la purezza de’ tempi evangelici e primitivi e il vivere riposato e modesto delle citta, prima che vi entrasse la corruzione e la licenza de’ costumi, di cui la Chiesa dava il mal esempio.

Come si vede, il mondo politico entrava per questa via nel mondo cristiano e ne facea parte sostanziale. La politica non era ancora una scienza con fini e mezzi suoi : era un’appendice dell’etica e della rettorica. E, come vita reale, il suo modello era il mondo cristiano, di cui si ricordava un’ immagine pura in tempi piú antichi, una specie di etá dell’oro della, vita cristiana.

Questo mondo cristiano-politico non era giá per Dante una contemplazione astratta e filosofica. Mescolato nella vita attiva, egli era giudice e parte. Offeso da Bonifazio, sbandito da Firenze,

  • errante per il mondo tra speranze e timori, fra gli affetti piú

contrari, odio e amore, vendetta e tenerezza, indignazione e ammirazione, con l’occhio sempre vólto alla patria che non dovea piú vedere, in quella catastrofe italiana c’era la sua catastrofe, le sue opinioni contraddette, la sua vita infranta nel fiore dell’etá e offesi i suoi sentimenti di uomo e di cittadino. Le sue meditazioni, le sue fantasie mandano sangue. Non è Omero, contemplante sereno e impersonale: è lui in tutta la sua personalitá; vero microcosmo, centro vivente di tutto quel mondo, di cui era insieme l’apostolo e la vittima.

Se dunque, come filosofo e letterato, involto nelle forme e ne’ concetti dell’etá, volea costruire un mondo etico o scientifico in forma allegorica, come entra in quel mondo, non vi trova piú la figura. Simile a quel pittore che s’ inginocchia innanzi al suo San Girolamo, trasformatosi nell’ immaginazione la figura nella persona del santo, egli cerca la figura e trova una realtá piena di vita, trova se stesso.

Oltre a ciò, Dante era poeta. Invano afferma che «poeta» vuol dire «profeta», banditore del vero. Sublime ignorante, non sapea dov’era la sua grandezza. Era poeta e si ribella all’allegoria. La favola, ciò ch’egli chiama «bella menzogna», lo

il — F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - 1.