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corpo a due anime, rappresentato in guisa, che prima paia se stesso, la selva, e, considerato attentamente, mostri in sé le orme di un altro. Talora la figura fa dimenticare il figurato; talora il figurato strozza la figura. Per lo piú nel senso letterale penetrano particolari estranei che lo turbano e lo guastano; e per volerci procurare un doppio cibo, ci si fa stare digiuni.

Adunque in queste forme non ci è ancora arte. La realtá ci sta o come immagine del pensiero astratto ed estrinseco, o come figura di un figurato parimente astratto ed estrinseco. Non ci è compenetrazione dei due termini. Il pensiero non è calato nell’ immagine; il figurato non è calato nella figura. Hai forme iniziali dell’arte; non hai ancora l’arte.

Dante si è messo all’opera con queste forme e con queste intenzioni. Se l’allegoria gli ha dato abilitá a ingrandire il suo quadro e a fondere nel mondo cristiano tutta la coltura antica, mitologia, scienza e storia; ha d’altra parte viziato nell’origine questo vasto mondo, togliendogli la libertá e spontaneitá della vita, divenuto un pensiero e una figura, una costruzione a priori, intellettuale nella sostanza, allegorica nella forma.

E se la Commedia fosse assolutamente in questi termini, sarebbe quello che fu il Tesoretto prima e il Quadriregio poi, grottesca figura d’ idee astratte.

Ma dirimpetto a quel mondo della ragione astratta viveva un mondo concreto e reale, la cui base era la storia del Vecchio e Nuovo Testamento nella sua esposizione letterale e allegorica, e che nelle allegorie, nei misteri, nei cantici, nelle laude, nelle visioni, nelle leggende avea avuta giá tutta una letteratura. Era la letteratura degli uomini semplici, poveri di spirito. A costoro la via a salute era la contemplazione non di esseri allegorici, figurativi della scienza, ma reali : Dio, la Vergine, Cristo, gli angioli, i santi, T inferno, il purgatorio, il paradiso; ciò che essi chiamavano l’altra vita, non figura di questa, anzi la sola che essi chiamavano realtá e veritá. Il contemplante o il veggente era il santo, il profeta, l’apostolo, banditore della parola di Dio. Dante, l’amico della filosofia, contemplando il regno divino, se ne fa non solo il filosofo ma il profeta e l’apostolo,