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L’altro mondo è figura della morale. L’ inferno è figura del male o del vizio; il paradiso è figura del bene o della virtú; il purgatorio è il passaggio dall’uno all’altro stato mediante il pentimento e la penitenza. L’altro mondo è perciò figura de’ diversi stati, ne’ quali l’uomo si trova in questa vita 1 .

La rappresentazione dell’altro mondo è dunque un’etica applicata, una storia morale dell’uomo, com’egli la trova nella sua coscienza. Ciascuno ha dentro di sé il suo inferno e il suo paradiso.

Il viaggio nell’altro mondo è figura dell’anima nel suo cammino a redenzione. Ed è Dante stesso che fa questo viaggio.

Si trova in una selva oscura (stato d’ ignoranza e di errore, la selva erronea del Convito ); vede il dilettoso colle, «principio e cagione di tutta gioia» (la beatitudine), illuminato dal sole «che mena dritto altrui per ogni calle» (la scienza) : ma tre fiere (la carne, gli appetiti sensuali) gli tengono il passo. L’uomo da sé non può salire il calle, non può giungere a salute : viene dunque il deus ex machina, l’aiuto soprannaturale. Si richiede non solo ragione ma fede, non solo amore ma grazia. Virgilio (ragione e amore) lo guida insino a che, confesso e pentito e purgato d’ogni macula terrena, succede Beatrice (ragione sublimata a fede, amore sublimato a grazia). Con questo aiuto esce dallo stato d’ ignoranza e di errore (la selva), e prende il cammino della scienza (l’altro mondo, il mondo etico e morale). Gli si affaccia prima l’ inferno (l’anima nello stato del male); e conosce il male nella sua natura, nelle sue specie, ne’ suoi effetti 2 . Entra allora in purgatorio (pentimento ed espiazione), dove ancor vive la memoria e l’ istinto del male; e, conosciuto il suo stato, pentito e mondo, diventa libero (dalla carne o dal peccato). Si trova allora ricondotto allo stato d’ innocenza, nel quale era l’uomo avanti il peccato d’origine; e vede il paradiso terrestre e vede Beatrice (fede e grazia). Con la sua guida sale in paradiso (l’anima nello stato di beatitudine); di grado in grado si leva

1 «Poeta agit de inferno isto. in quo, peregrinando ut viatores, mereri et itemereri possumus» (Lettera a Can Grande) [§ 8, glossa marginale del cod. magliabecchiano, riferita nell’ediz. Fraticelli, p. 516, n. 1].

2 Vedi canto xi.