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passare per tre gradi, personificati ne’ tre esseri, Umano, Spoglia e Rinnova, e a’ quali rispondono i tre mondi, inferno, purgatorio e paradiso. Il «mistero» o la storia finisce al primo grado, quando l’anima, sopraffatta dall’ Umano e vinta nella sua battaglia col demonio, viene in potere di questo: è la tragedia dell’anima, la tragedia di Fausto, prima che Goethe, ispirato da Dante, lo avesse riscattato. Ma, quando l’anima vince le tentazioni del demonio e si spoglia e si purga dell’ Umano, hai la sua glorificazione nell’eterna pace: hai la «commedia» dell’anima. Questo è il mistero, ora tragedia, ora commedia, secondo che prevale 1’umano o il divino, il terrestre o il celeste, che giace in fondo a tutte le rappresentazioni e a tutte le leggende di quell’etá. Messo in iscena, era detto «rappresentazione»; narrato, era «leggenda» o «vita»; esposto in figura, era «allegoria»; rappresentato in modo diretto e immediato, era «visione» ; anzi le due forme si compenetravano, e spesso l’allegoria era ima visione, e la visione era allegorica. Allegorie, visioni, leggende, rappresentazioni erano diverse forme di questo mistero dell’anima, del quale i teologi erano i filosofi, e i predicatori erano gli oratori, che aggiungevano spesso alla dottrina l’esempio, qualche leggenda o visione, com’ è nello Specchio di vera penitenza.

Il mistero dell’anima era in fondo tutta una metafisica religiosa, che comprendeva i piú delicati e sostanziali problemi della vita e produceva una civiltá a sé conforme. Ci entrava l’ individuo e la societá, la filosofia e la letteratura.

La letteratura volgare in senso prettamente religioso si stende per due secoli da Francesco di Assisi e Iacopone sino a Caterina. L ’Allegoria dell’anima, la rappresentazione del Giovane monaco, l’Introduzione alle virtú, la Commedia dell’anima sono in forma letteraria la teoria di questo mistero, che nelle lettere di Caterina raggiunge la sua perfezione dottrinale, ed acquista la sua individuazione o realtá storica ne’ Fioretti, nelle leggende e nelle visioni del Cavalca e del Passa vanti.

Ma questa letteratura era senza eco nella classe colta da cui esce l’ impulso della vita intellettuale. Dante spregiava il latino della Bibbia, come privo di dolcezza e di armonia. Quello