Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/128

Donati era assai innalzata e la parte de’ Cerchi era assai abbassata», veggendo come, dopo le sue parole, «molti dicitori si levarono in piè, affocati per dire e magnificare messer Carlo».

Dino, volendo negare l’ ingresso a Carlo e non osando prendere su di sé la cosa, «essendo la novitá grande», si rimise al suffragio de’ suoi concittadini. Fu un plebiscito fatto dal debole e che riuscí in favore de’ forti : solito costume de’ popoli, e il buon Dino noi sapea. I soli fornai si mostrarono uomini, dicendo che «né ricevuto né onorato fusse, perché venia per distruggere la cittá».

Dino credette trovare il rimedio, chiedendo a Carlo «lettere bollate, che non acquisterebbe... niuna giurisdizione, né occuperebbe niuno onore della cittá, né per titolo d’ imperio né per altra cagione, né le leggi della cittá muterebbe né l’uso». Dino pensava che Carlo non farebbe la lettera, e provvide che il passo gli fosse negato e vietata «la vivanda» . Ma la lettera venne, e «io la vidi e feci copiare...; e quando fu venuto, io lo domandai se di sua volontá era scritta. Rispose : — Si, certamente» . — Ora che Dino ha la lettera in tasca, può viver sicuro.

E gli viene «un santo e onesto pensiero, imaginando : — Questo signore verrá, e tutti i cittadini troverrá divisi : di che grande scandolo ne seguirá». — Onde li rauna nella chiesa di San Giovanni, e loro fa un fervorino, perché «sopra a quel sacrato fonte onde trassero il santo battesimo» giurino buona e perfetta pace. Le parole di Dino sono di quella eloquenza semplice e commovente che viene dal cuore. In quei tempi di lotte cosi accese, il sentimento della concordia era tanto piú vivo negli animi buoni e onesti, da Albertano a Caterina. E non so che in Caterina si trovino parole, nella loro semplicitá, cosi affettuose come queste di Dino : «Signori, perché volete voi confondere e disfare una cosi buona cittá? Contro a chi volete pugnare? contro a’ vostri fratelli? Che vettoria are te? non altro che pianto».

Tutti giurarono; e Dino aggiunge con amarezza : «I malvagi cittadini, che di tenerezza mostravano lagrime e baciavono il