Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/122

come ne’ misteri : un narrare serrato e nervoso, le cui impressioni patetiche e morali sono espresse dal coro. Sotto a quel latino ossuto e asciutto palpita l’anima del medio evo. Senti una societá ancor rozza, selvaggia negli odii e nelle vendette, senza misura nelle passioni, poco riflessiva, di proporzioni epiche anche in forma drammatica. Il carattere di Ezzelino non è sviluppato in modo che n’esca fuori un personaggio drammatico. Egli rimane ravvolto nel suo manto epico, come Farinata. È figlio del demonio, e lo sa e se ne gloria, e opera come genio del male, con piena coscienza: ciò che gli dá proporzioni colossali. Invoca il padre e dice :

Nullis tremiscet sceleribus fidens manus ;

annue, Satan, et jilium talem proba.

E quest’uomo rimane cosi intero e tutto di un pezzo: manca l’analisi, senza di cui non è dramma. Il concetto della tragedia è piú morale che politico, quantunque il fatto sia altamente politico, rappresentando la lotta tra i comuni liberi e i tirannetti feudali. Certo, in Mussato c’ è il guelfo e ci è il padovano, che l’ ispira e l’appassiona. Ma il motivo tragico è affatto morale. Ezzelino è punito non perché offende la libertá ma perché opera scelleratamente, e «qui gladio ferit, gladio perit» : ciò che è in bocca al coro la conclusione del fatto:

Consors operurn

meritum sequitur quisque suorum.

È il concetto ascetico dell’infemo applicato anche alla vita terrestre. Questa nella sua prima apparizione letteraria è ancora nella sua generalitá morale, non è sviluppata nei suoi interessi, ne’ suoi fini, nelle sue passioni e nelle sue idee politiche; di che solo può nascere il dramma. Il senso del reale era ancora troppo scarso perché il dramma fosse possibile. Non ci è il sentimento collettivo, non il partito e non la societá : ci è 1’ individuo appena analizzato, rappresentato buono o cattivo e retribuito secondo le opere; forma elementare della vita reale.