Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/101

Pazienza

O popul mio, io son la Pazienzia; che piú non ho chi mi dia audienzia.

O degna Povertá, virtú perfetta, che tanto fust’ accetta al Verb’ eterno,... felice è quella che ti sta suggetta, nel ciel sará felice in sempiterno; e non si può goder in questa vita, e ’l paradiso aver alla partita.

Povertá

. . . M’affliggo e doglio ché la perfezione quasi è mancata: non è piú ’l tempo de’ padri passati, ch’erano pover, vili e disprezzati.

Pazienza

Chi pensa andare al ciel per altra via che per patir, si troverrá ingannato.

Giesú, diletto figliuol di Maria, n’ha dato esempio e a tutti ha insegnato... Per dimostrarci che s’avea a patire, elesse su la croce di morire.

Umiltá

L’ Umiltade son io, fratei diletti : oggi non c’ è nessun che mi raccetti... Vestitevi di Cristo, o genti stolte: non v’avvedete voi eh’ il tempo vola?

Non entra in paradiso alcun difetto, non v’entra quel ch’a Dio non è suggetto.

Andiam cercando, care mie sorelle, per tutt’ il mondo un po’ nostra ventura : se nel gregge di Cristo una di quelle ci ricevessi con la mente pura, perché noi siam vestite poverelle,

7 F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - 1.