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rannoda la parte piú eletta e poetica di questa lirica. Poi vengono sentimenti piú temperati: il poeta si consola cantando la loda della morta; Beatrice, ita nel cielo, diviene la Veritá, la cara immagine sotto la quale il poeta inviluppa le sue speculazioni, la bella faccia della Sapienza. Non hai piú la Vita nuova: hai il Convito. L’amore non è piú un sentimento individuale, ma è il principio della vita divina e umana. Beatrice nella sua gloriosa trasfigurazione diviene un simbolo, il dolce nome che il poeta dá al suo nuovo amore, alla Filosofia. Ma la filosofia non è in Dante astratta scienza: è Sapienza, cioè a dire pratica della vita. Con che orgoglio si professa amico della filosofia! e vuol dire amico di virtú, che ti fa spregiare ricchezze e onori e gentilezza di sangue, e ti dá la vera nobiltá, che ti viene da te e non dagli altri. Intendere è per lui il principio del fare; e la forza che dá attivitá all’intelletto ed efficacia alla volontá è l’amore. In questa triade è l’unitá della vita: l’uno non può star senza l’altro. Or tutto questo in Dante non è mera speculazione né vanitá scientifica; ma è vero amore, ma è un sentimento morale cosí profondo ed efficace come è la fede ne’ credenti. La filosofia investe tutto l’uomo e si addentra in tutti gli aspetti della vita. Questa serietá e sinceritá di sentimento fa penetrare fra tante sottili e scolastiche speculazioni una elevatezza morale, tanto piú poetica quanto meno espressa, ma che si sente nel tono, nel colorito, nello stile. Tale è la sublime risposta di Amore alle sorelle esuli, e quel súbito ritorno del poeta in se medesimo:

                                         L’esilio, che m’è dato, onor mi tegno;      
e questo sentimento rende tollerabile tanta pedanteria quanta è nella canzone sulla vera gentilezza. La quale elevatezza morale non è disgiunta in lui da un certo orgoglio, direi aristocratico, del sentirsi solo con pochi privilegiati da Dio alla sapienza: cosí alto ha collocato l’ideale della scienza e della virtú:
                                         ... Elli son quasi dèi
que’ c’han tal grazia fuor di tutti rei;
ché solo Iddio all’anima la dona.