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xii - il cinquecento 395


trasparisce giá nell’Alberti, nel Boiardo, nel Poliziano. La violenta reazione del Savonarola}} non fa che accrescere forza e celeritá al movimento e dargli coscienza di sé. Il secolo decimosesto nella sua prima metá non è che questo medesimo movimento scrutato profondamente, rappresentato nel suo insieme e condotto per le varie sue forme sino al suo esaurimento. È la sintesi che succede all’analisi.

Qual è il lato positivo di questo movimento? È l’ideale della forma, amata e studiata come forma, indifferente il contenuto.

E qual è il suo lato negativo? È appunto l’indifferenza del contenuto: una specie di eccletismo negli uni, come Raffaello, Vinci, Michelangelo, il Ficino, il Pico, che abbracciano ogni contenuto, perché ogni contenuto appartiene alla coltura, all’arte e al pensiero; eccletismo accompagnato negli altri da una satira allegra e senza fiele di quei principi e forme e costumi del passato ancora in credito presso le classi inculte.

Ciò che è divino in questo movimento è l’ideale della forma, o, per trovare una frase piú comprensiva, è la coltura presa in se stessa e deificata. Il lato comico e negativo non è, esso medesimo, che una rivelazione della coltura.

Il «limbo» di Dante e l’Amorosa visione del Boccaccio fanno giá presentire quest’orgoglio di un’etá nuova, che comprendeva e glorificava tutta la coltura. Orfeo annunzia al suono della lira la nuova civiltá, che ha la sua apoteosi nella Scuola di Atene, ispirazione dantesca di Raffaello, rimasta cosi popolare perch’ivi è l’anima del secolo, la sua sintesi e la sua divinitá. Questa Scuola d'Atene con i tre quadri compagni, che comprendono nel loro sviluppo storico teologia, poesia e giurisprudenza, è il poema della coltura, di cosi larghe proporzioni come il paradiso di Dante, aggiuntovi il limbo. Il quadro diviene una vera composizione come Io vagheggiava Dante ne’ suoi dipinti del purgatorio: il suo santo Stefano e il suo Davide hanno un riscontro nel Cenacolo, nella Sacra famiglia, nella Trasfigurazione, nel Giudizio; poemi sparsi qua e lá di presentimenti drammatici. Il pittore vagheggia la bellezza nella forma come l’Alberti o il Poliziano,